sabato 9 settembre 2017

Sergio Armaroli – Fritz Hauser: “Structuring The Silence” [Dodicilune, 2017]



Edito dalla salentina Dodicilune, “Structuring The Silence” è il doppio album attraverso il quale Sergio Armaroli e Fritz Hauser, entrambi compositori, vibrafonisti e percussionisti, compiono un viaggio intorno al concetto di silenzio, partendo da minime e ordinate strutture per poi prendere tangenti verso ampi territori di improvvisazione

●Significati estetici
Sergio Armaroli è un musicista e compositore, ma anche pittore e poeta, al quale non piacciono le consuetudini. Ne è nuova dimostrazione l’album in duo con Fritz Hauser, insieme al quale compie un viaggio intorno al concetto di silenzio servendosi di strutture che fluttuano tra scrittura e improvvisazione. Raggiunto per l’occasione Armaroli ci ha così illustrato il significato estetico di questo lavoro: «Nasce da una necessità di dialogo e di ascolto a partire dal silenzio come dimensione ecologica e strutturale dell’esperienza sonora, questo attraverso la percussione e con l’ausilio di una scrittura minima quale legame necessario per un pensiero musicale comune». Risultato raggiungibile solo se alla base c’è la completa empatia con l’altro musicista coinvolto, in questo caso Fritz Hauser, il quale, ribadendo le parole di Armaroli, aggiunge che: «Creare musica improvvisata è una decisione artistica che apre molte porte». I due mettono tra loro come terzo, e imprescindibile elemento, il silenzio, inteso sia come piattaforma per l’elaborazione delle idee sonore, ma anche come sfida, come fenomeno da tenere a bada per non lasciarsi sopraffare e trascinare verso conclusioni prevedibili.

●Armaroli e le pause strutturali
Il primo dei due CD di questo album vede la scaletta svilupparsi in quattro lunghe tracce, dagli undici ai diciassette minuti di durata, nelle quali il silenzio è spezzato, ma mai riempito appieno, da suoni improvvisi: ora una percussione isolata, poi un breve accenno melodico, e ancora echi di suono provenienti da luoghi concettuali lontani e che riportano l’immaginario verso scenari spaziali. Sembra di essere in assenza di gravità ritmica, nonché armonica e melodica, per un’idea sonora che, per sommi capi, potremmo ricondurre alle prime ipotesi di ambient music. Scomodare dunque un aspetto artistico di Brian Eno per ridurre la strada che porta all’individuazione estetica dell’album, percettibilmente ispirato dalla figura di John Cage, al quale è rivolto un inevitabile ringraziamento all’interno del booklet. Esercizio che Armaroli riconduce maggiormente all’empatia con Hauser, e al loro reciproco insegnamento culturale, attraverso queste parole: «Il progetto è nato dopo un lungo percorso di ascolto e di studio reciproco: al momento giusto il suono dei nostri strumenti si è esteso e fuso in un paesaggio sonoro organico e unitario. Devo dire che è proprio questa apertura verso un mondo sonoro senza confini quello che Fritz Hauser, che considero un maestro, mi ha insegnato».

●Improvviso, quindi sono
L’improvvisazione è la linfa che anima i tredici passaggi in programma del secondo CD, quasi tutti molto brevi tranne After Silence, posta in apertura, che si protrae per venticinque minuti. Hauser ha di Armaroli una fiducia e una stima totale, e lo definisce come: «Un ottimo percussionista e uno sviluppatore di concetti musicali. Il suo approccio è intelligente e spontaneo». Condizione necessaria per processare, filtrare e mettere insieme un flusso sonoro che vede coinvolti diversi elementi timbrici, prodotti da un ventaglio strumentale che va dall’elettronica alle percussioni, dai tamburi al vibrafono e altro ancora. Hauser insiste riguardo il filo conduttore che lo unisce ad Armaroli: «Questo duo ha delle ampie possibilità, e non vedo l’ora di procedere verso il prossimo passo». Sviluppi futuri pronosticabili dunque, per quello che Armaroli individua come un raggiungimento di un obiettivo, una sorta di chiusura di un personale cerchio creativo e di studio: «Per quanto mi riguarda si tratta, da una parte, della conclusione di un lungo percorso di analisi e riflessione che, da circa dieci anni, mi ha portato a sviluppare un approccio alla percussione e all’improvvisazione in una dimensione “plastica”, sculturale, nel senso di Habitat, dove il significato etimologico di “egli abita” ha un senso e un valore più ampio. In un senso ecologico e nel rispetto reciproco che si manifesta nell’ascolto. Dall’altra è l’inizio, lo spero, di una lunga collaborazione di vicinanza e di condivisione di idee musicali e di spazi sonori abitabili».


 



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