venerdì 23 dicembre 2011

Tim Holehouse: “Grit”


Tim Holehouse, cantautore vicino ai modi di Nick Cave, magari un pizzico più cattivo, dà fondo a tutta la propria capacità espressiva e al suo modo sanguigno di sviluppare rock autentico in “Grit”, terzo album della sua carriera solista.
Voce graffiante e cavernosa (scelta dovuta anche a dei problemi di salute ai quali non si è potuto sottrarre) in grado di descrivere scenari dal sapore blues (“Rogues Gallery”), che non si piegano mai verso un’attitudine di larga fruizione, che però riescono a lasciare traccia del loro passaggio sia nei momenti più scarni ed essenziali (“Broken Bones”) che in quelli dove si delineano melodie più complesse (“Into Mexico”). Dietro di lui si muovono i The Gentlemen, una band capace di produrre un suono massiccio, dal mood aspro che si incarna negli otto brani proposti in scaletta; un lotto di canzoni brevi, fulminee, registrate in studio senza grandi alchimie – si direbbe sporche come le mani raffigurate in copertina - e che dunque si portano dietro un forte odore di autenticità.

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